Ecco a voi un altro pezzetto del nostro viaggio, stavolta raccontato da Francesca.
Questo quaderno si apre con un viaggio che mai avrei pensato di fare…Oggi è il primo dicembre e io sono a Scampia. Fa caldo, e il cielo è grigio a metà; a volte lascia spazio a un po’ di sole timido, che sembra quasi non voler entrare a bucare il cielo e disturbare le nuvole. Sono qui con i miei amici SCR e l’Annarita, siamo venuti a visitare il Centro Insieme di Davide Cerullo. Mi sento strana, non riesco a capire bene le emozioni che provo in questo momento: l’impatto con le vele e con questo quartiere è davvero forte. Me lo aspettavo, mi ero preparata, ma questo è diverso. La realtà è sempre diversa. Adesso siamo in casa di Concetta, la sorella di Davide, e aspettiamo le tre per andare a fare attività coi bambini del centro. Siamo al settimo piano di un palazzo proprio davanti alla vele, un palazzo che non ha un vero portone d’ingresso, un palazzo in cui gli ascensori sembrano tirati su a manovella. E’ incredibile…C’è un cancello di ferro, poi una tenda e una porta di legno fine, che fa da porta d’ingresso. E dentro è così, una casa normale.
Prima di arrivare qui avevo una gran paura…mi facevo un sacco di film, mille pensieri in testa…me ne stavo seduta nel pulmino con tutte le mie paranoie, incapace di vedere fuori. Poi è arrivato Davide, col motorino, sotto l’acqua, con un gran sorriso in faccia. Ci ha abbracciati tutti, uno per uno, anche se non ci aveva mai visti prima. Un’emozione enorme, uno sconquasso! Dopo l’incontro con Davide è stato tutto più facile e più intenso. Ho cominciato a guardare fuori davvero, e allora le scritte enormi sul grigio dei palazzi mi hanno inchiodata al sedile, quelle frasi di speranza che ti fanno alzare la testa e che gridano il disappunto e la ribellione a quel contorno. Mi hanno fatta piangere subito, senza nemmeno il tempo di realizzare. Fanno così le emozioni, vanno dritte al punto.
Le vele sono alte e grigie, sono decadenti e piene di gente. C’è un sacco di vita nelle vele, vita che non ti aspetti perché da lontano le credi vuote, solo decadenti e solo disperate. E invece no.
Ci sono famiglie, ci sono bambini. Quando siamo arrivati al Centro Insieme ho avuto un altro assalto alle vie aeree, intasate all’improvviso dal mio groppo d’emozione. Un posto stupendo, colorato, pieno di scritte colme di significato. Un posto normale, ma la normalità è magia in mezzo al grigio.
Abbiamo passato il pomeriggio insieme ai bambini di Scampia, persi nei loro sorrisi sinceri e conquistati dai loro abbracci. La cosa più bella è stata vedere tanti ragazzi, volontari, che spendevano il loro tempo con quei bambini, e facevano i compiti in napoletano e se li sbaciucchiavano tutti. Quando vedi queste cose e poi guardi al tuo ti senti proprio scemo: con tutte le facilitazioni che abbiamo noi, non riusciamo nemmeno a fare la metà di quello che c’è lì. Queste cose ti si stampano in testa e di tartassano di domande, smontano le certezze e montano i dubbi come panna montata. “Che cosa ci siete venuti a fare qui?” ha chiesto Davide, mentre guidava il 5 come un pazzo fra quelle viuzze. Bella domanda, bella chiacchierata. Io non ho risposto all’inizio, per imbarazzo, però una cosa l’ho pensata…sono venuta qui a demolire un pregiudizio, a farmi consapevole. Oggi è stata una giornata intesa, in cui ho provato uno spettro di emozioni davvero ampio, di quelli che fai fatica a gestirli. E infatti giro lo sguardo, perché mi si arrossano gli occhi.